Ma a conti fatti, Twitter è una cosa seria?

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La collaborazione mia e di [The Fool](http://thefool.it) allo sforzo editoriale e di indagine di Marco Pratellesi e Riccardo Luna per [Italia2013.me](http://Italia2013.me), l’esperimento per provare a raccontare la prima campagna elettorale social della nostra storia, ha portato ad un risultato inaspettato: lavoro collettivo di quei trenta giorni, le storie, le analisi, le classifiche sono diventate un ebook dal titolo “[Social Winner][1]” disponibile in download gratuito su [Amazon][2], [Book Republic][3] e [Il Saggiatore][4]. Un volume, nelle [parole di Riccardo][1] che ha

> … l’unica pretesa di essere una testimonianza puntuale di quello che è accaduto durante la campagna elettorale vista attraverso la rete, per far sì che quel materiale non vada perduto. Magari qualcuno studiandolo ci troverà un senso e avremo davvero imparato qualcosa. È il nostro auspicio.

All’interno del volume due contenuti miei e di [The Fool](http://thefool.it) (nelle mani di *Barbara Bianchi* e di *Giulia Garofalo*) che trattano l’uno dell’analisi quali-quantitativi di oltre 1 milione di Tweet ed una parte più discorsiva mia dal titolo “A conti fatti, Twitter è una cosa seria” che vi propongo qui a seguito in versione integrale, consigliandovi comunque la lettura completa dell’interessantissimo volume.

Fatemi e fateci sapere!

##Ma, a conti fatti, Twitter è una cosa seria?

La domanda è tutt’altro che scontata e ce la siamo posti tutti, prima o poi, specialmente nel notare come, seguendo i Trending Topic della piattaforma, si abbia l’impressione che Twitter sia la patria incontrastata di quella fascia generazionale che gli “snob” della rete definisce i “bimbiminkia”. Il termine colorito rappresenta un utente della rete, maschio o femmina, generalmente di età compresa fra i 9 e i 18 anni, di nativi digitali legati al commento frivolo e divertente e con una grande propensione al fanatismo verso idoli musicali quali Justin Bieber con i/le “Beliebers” (gioco di parole tra “believer”, credente, ed il cognome dell’icona) o gli One Direction con i/le “Directioners”. Queste sono figlie di sottoculture in grado di muovere una cifra esorbitante di tweet dal contenuto poco pregnante e traboccanti di adorazione per il loro idolo, ma non per questo meno importanti di moltissimi altri fenomeni di costume. Sono l’effige e l’immagine di un utilizzo dei social legato principalmente, se non esclusivamente, per lo meno in questa fascia di età, a un’ottica di social in cui l’utilizzo dei 140 caratteri risulta umorale e assolutamente immediato.

Se per la parte dei nativi digitali la concentrazione e gli sforzi vertono principalmente verso i temi più frivoli, la stessa politica di immediatezza, caratterizzata da una scarsa profondità di commento (peraltro dettata anche dal limitato numero di battute offerto dal mezzo), si applica a tre scenari di riferimento tra loro molto differenti, ma legati da immediatezza, brevità, e umoralità: le news, le battute di spirito e i commenti in tempo reale.

L’immediatezza di Twitter ha sicuramente apportato un vero e proprio scossone al mondo delle news: le testate si ritrovano a rincorrere un medium che è stato, secondi alla mano, più veloce del terremoto nel diffondere informazioni e, oltretutto, si ritrovano a temere il giudizio e il controllo delle fonti direttamente da parte dei cittadini, in un medium strano, questo Twitter, dove uno sembra davvero valere uno.
Una delle conseguenze che si colgono, come reazione a una simile immediatezza, è la grandissima attività che testate come Il Corriere, La Repubblica e Il Fatto Quotidiano, mettono in atto per “rimanere sul pezzo” e “up to date”, ma in realtà pronti a dare risonanza a qualunque notizia che provenga proprio dagli stessi fruitori. Twitter non è più un fenomeno in divenire, ma è a tutti gli effetti un medium di news, di news veloci e non approfondite, di news leggere o breaking che possono essere usufruite come uno stimolo all’informazione, con una soglia di attenzione di non più di una manciata secondi.
Di questo scenario di informazione immediata, il commento in tempo reale ne è il fratello minore: l’immediatezza dei commenti e delle risposte consente l’aggregazione spontanea per interesse comune di tutti quegli utenti che desiderano commentare i fatti che stanno accadendo in quel momento. Ne è prova esemplare ed innegabile la partecipazione attiva e copiosa ai Talk Show e a tutti gli eventi televisivi e di piazza, incredibile sia numericamente che per varietà nel corso di tutta la campagna elettorale: dal cagnolino di Monti sino alle partecipazioni televisive di Berlusconi.
Non vi è dubbio alcuno che se Facebook sarà lo strumento di aggregazione delle community di interesse, Twitter è il re incontrastato della fruizione dei contenuti in Second Screen, piattaforma di commenti condivisi e di narrazione corale, dove l’esperienza partecipativa diviene parte integrante dello storytelling della “realtà esperienziale” di chi partecipa a un evento, in modo fisico, televisivo o semplicemente “virtuale”.

Intrascurabili per definizione e appartenenti contemporaneamente a tutte le categorie e a nessuna sono i meme, quelle informazioni o iconografie virali divenute famose in rete e che assurgono al ruolo di “modi di dire” digitali, riconoscibili dal popolo della rete anche se quasi inintelleggibili per i “babbani analogici” che non appartengono all’oligarchia digitale del mezzo. A questi si affiancano temi di attualità, oltre all’arte della creazione dei Trending Topic ad hoc (alcuni dei quali assolutamente geniali) costruiti per eventi o fatti e, non ultimi, interessanti giochi di parole, come quelli che reinterpretano titoli di grandi film inserendovi elementi discrasici tratti dall’attualità.

Ma quindi “superficialità” e “banalità” über alles? No, non proprio: se spostiamo la nostra indagine a un piano più profondo e a una valutazione massiva dei risultati nel loro variegato e poliedrico complesso, notiamo come Twitter – per fortuna – non sia riducibile a mera patria di “bimbiminkia”, pur mantenendo, tra tutti, il primato del mezzo di comunicazione più “di pancia”; le caratteristiche stesse del mezzo si prestano ad un uso “smart” dei pochi caratteri a disposizione, i quali offrono spazio a battute sagaci e risposte pronte che, seppur talvolta tacciabili di superficialità, leggono la realtà con ironia, a volte anche scanzonata e pungente (si pensi ad esempio a Spinoza).

Questo ci pone di fronte a un dubbio amletico, ossia quello che la presunta superficialità di Twitter sia piuttosto da considerarsi bisognosa di una lettura più approfondita nell’ottica di una forzata limitazione spaziale, per cui le idee devono farsi acute, le impressioni forti ed esasperate, i commenti sagaci e l’informazione stringata, per sopravvivere allo spazio ristretto dei 140 caratteri, in una forma di Haiku digitale dove la costrizione plasma il linguaggio, il mezzo, la forma.

Twitter può quindi essere inteso come il medium ideale per il Cabaret, per i tempi e gli spazi ristretti e serrati. Tuttavia, analizzato nell’ottica dei Big Data e sempre ricordando la presenza di un’oligarchia di opinion leader che hanno influenza su determinati stakeholders e che governano una “terra di mezzo” digitale, rimane sempre la certezza di fondo che, nella limitazione del mezzo, si esprima, forse esacerbata, la vera natura di chi scrive e si esternino i pensieri più immediati e profondi dell’esperienza di vita degli utilizzatori. Quelle esperienze e quegli scritti veloci e d’impulso trasformano Twitter nello specchio delle emozioni più che delle intenzioni; nello specchio di desideri, sogni, amarezze e, perché no, gesti scaramantici e beffardi: il nostro essere irrazionalmente, incoerentemente, superficialmente e, in modo meravigliosamente fallace, completamente umani.

Rimane una grande consolazione al Data Analyst che fa di queste analisi un mestiere, settimana dopo settimana, e mese dopo mese: 6 mesi di Social Tv e di programmi televisivi più o meno colti (anche comprensivi del fenomeno mediatico di XFactor) non valgono nemmeno lontanamente, con il loro miliardo di impression, gli oltre 3 miliardi di queste elezioni Politiche. C’è ancora speranza, quindi, per un futuro digitale partecipativo!

Per maggiori info provate a leggere l’introduzione al volume di Riccardo Luna su Il Post:

* L'[introduzione di Riccardo su Il Post][1]
* Il libro scaricabile gratuitamente su [Amazon][2]
* Il libro scaricabile gratuitamente su [BookRepublic][3]
* Il libro scaricabile gratuitamente su [Il Saggiatore][4]

Estote parati.

[1]: http://www.ilpost.it/riccardoluna/2013/03/25/social-winner-il-giornalismo-al-tempo-di-beppe-grillo/
[2]: http://www.amazon.it/Social-winner-decisivo-elezioni-ebook/dp/B00BXL7XPU/ref=sr_1_3?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1363860200&sr=1-3
[3]: http://www.bookrepublic.it/book/9788865763070-social-winner/
[4]: http://www.flows.tv/it/store/books/content/40%7C54f9c3d33d8ae3ad013d8ae51d200001?channel=40

l'autore

Matteo Flora

Mi chiamo Matteo Flora, sono imprenditore seriale, docente universitario e keynote panelist e divulgatore. Mi occupo di cambiare i comportamenti delle persone usando i dati.
Puoi trovare informazioni su di me ed i miei contatti sul mio sito personale, compresi i link a tutti i social, mentre qui mi limito a raccogliere da oltre quattro lustri i miei pensieri sparsi.
Buona lettura.

di Matteo Flora

Matteo Flora

Mi chiamo Matteo Flora, sono imprenditore seriale, docente universitario e keynote panelist e divulgatore. Mi occupo di cambiare i comportamenti delle persone usando i dati.
Puoi trovare informazioni su di me ed i miei contatti sul mio sito personale, compresi i link a tutti i social, mentre qui mi limito a raccogliere da oltre quattro lustri i miei pensieri sparsi.
Buona lettura.