Commentare, anche scientemente, l’Olocausto è sempre un gioco estremamente pericoloso, che spesso porta qualunque commento a sfociare in un attacco contro il commentatore. Ed è una azione di coraggio, spesso, da fare in punta di piedi, anche per la immensa quantità di dolore che provoca nei sopravvissuti, nei discendenti ed in un popolo intero.
Posso commentare (forse) tranquillo, visto che i miei racconti provengono da fonte di prima mano: mio nonno non ha mai amato raccontare quel periodo storico, ma sono riuscito comunque ad estorcergli una memoria storica che altrimenti sarebbe sparita con lui di Stettino e della sua prigionia come Internato Militare.
Nessuno nega l’Olocausto. Non lo nego io per primo, che della sua effettiva realtà ho racconti di prima mano, non lo negano buona parte di quelli che il mondo chiama “negazionisti”, non lo nega, praticamente, quasi mai nessuno se non una ristrettissima cerchia di folli o malati.
Non lo nega nemmeno Odifreddi, che in questi giorni è sempre sotto bersaglio per questo commento:
Non lo nega lui come non lo negano buona parte degli studiosi che si sono accinti allo studio critico dell’entità del fenomeno “Olocausto”. Quello su cui molti sono perplessi è la quantificazione del fenomeno stesso.
Possiamo anche dirci (forse a ragione) che il numero “non conta”, ma quando il numero stesso è preso a stigmate ed esempio di suprema malvagità e quando il numero stesso è erto a bandiera per una sorta di conteggio del “danno di un popolo”, quando il numero stesso pare essere in toto la sola analisi di un fenomeno, dove pare non condannarsi altro che il numero, mettendo quasi in secondo piano qualunque altra considerazione come la connivenza di un intero popolo e dell’intera europa al fenomeno in modo grottescamente silenzioso. Quando si condannano solamente “i sei milioni”, allora il numero di per sè inutile diventa importante da accertare come una verità (o meno) storica.
E queste proporzioni e questi numeri non solamente diventano “non inutili”, ma devono con forza essere liberi di essere indagati, altrimenti perdiamo la cosa più importante: la capacità critica verso qualunque fenomeno che deve esistere anche in questi casi. Ed è proprio questo numero che Odifreddi dice debba essere indagato, solo e semplicemente questo.
E, se siete così indignati per la stima dei 6 milioni di morti dello scorso secolo, mi chiedo quanti siano parimenti indignati dai 5.4 milioni di vittime della seconda guerra del Congo, dal 1998 al 2003, una guerra efferata che ha visto lo stupro come strumento ancora usata per l’estinzione di una etnia, che ha visto principalmente il massacro degli inermi.
Il “fenomeno mediatico Olocausto” che Odifreddi tenta di attaccare e che ha già attaccato altre volte è proprio questo: tentare di fare comprendere *(e sicuramente il Blog non è lo strumento giusto per farlo)* che siamo in presenza di una fortissima **alterazione dei fenomeni di attenzione** sulle efferatezze, che portano dopo oltre mezzo secolo ad urlare (giustamente ed in modo sacrosanto) contro l’Olocausto passato e ad ignorare totalmente una guerra altrettanto violenta, altrettanto basata su odio razziale, altrettanto macabra e anche numerocamente altrettanto simile, ma semplicemente dotata di un “ufficio stampa” meno attrezzato.
Che, forse, è proprio quello che mi spaventa di più, proprio per il suo silenzio totale. Proprio perchè, tra cinquanta anni, saremo forse noi ad essere tacciati di quella connivenza fintamente ignorante che ha permesso queste efferatezze. E i “tedeschi silenziosi” dell’Olocausto saremo noi, “europei silenziosi” delle stragi in Congo.
Ovviamente, tutto questo, con la massima mia umiltà e nella mia immensamente modesta opinione, molto probabilmente errata.
Estote parati.